Intervento di Franco Martino al convegno sull’HCV
CONVEGNO SULL’HCV PRESSO IL SENATO
ROMA, 04 marzo 2015
Relatore: Dott. Franco MARTINO
Buon pomeriggio. Mi presento: sono Franco Martino, dell’Esecutivo Nazionale dell’AITF (Associazione Italiana Trapiantati di Fegato).
Desidero subito ringraziare il Senatore D’Anna e il CLEO, attraverso l’amico Dott. Vincenzo Messina, per avermi voluto invitare a questo importante convegno durante il quale, come ho avuto modo di ascoltare, si è alternato il fior fiore degli Infettivologi/epatologi operanti nel nostro paese. Porto il saluto del mio Presidente nazionale, Marco Borgogno, impegnato in altra concomitante iniziativa già precedentemente programmata, ma vi assicuro, anch’egli in considerevole attesa di conoscere le risultanze di questo significativo simposio. Assistere ad un evento così interessante per un rappresentante dei trapiantati/trapiantandi di fegato, quale io sono, costituisce un’esperienza che oserei definire nello stesso tempo: edificante e costruttiva. Sia per l’arricchimento nozionistico che posso trarre dalle tematiche trattate (pur non essendo un medico), sia per l’opportunità che mi viene offerta nel far ascoltare ad una platea così qualificata, anche la voce di coloro a cui indirizzate la vostra attività e la vostra esperienza. So bene di avere a disposizione soltanto pochi minuti per il mio intervento e questo, purtroppo, non mi consente di placare la mia “brama” di riferire qui, a questo alto consesso, tutte quelle cose che dovrei dire, in nome e per conto dei trapiantati/trapiantandi epatici, ma più in generale di tutti i pazienti epatopatici; soprattutto in merito al tema specifico trattato oggi, sul quale dopo mi soffermerò più dettagliatamente. Voglio tuttavia rassicurarvi, che anche in considerazione del fatto che il mio intervento viene a cadere subito prima delle attesissime conclusioni finali del Senatore D’Anna, mi atterrò scrupolosamente ai tempi stabiliti.
C’è da dire che, all’indomani della clamorosa scoperta del sofosbuvir, tutti noi avevamo tirato un sospiro di sollievo. Il miracolo tanto atteso era finalmente accaduto! Ma, evidentemente, dietro ad una importante scoperta vi è sempre la cupidigia dell’essere umano che non conosce mai fine. Tutti, in verità, ci eravamo chiesti come mai questo prodotto potesse costare tanto; ed avevamo ragione nel porci tale domanda, poiché insieme a noi se l’era posta anche la Commissione Finanze del Senato americano (ho detto senato americano e non, purtroppo, quello italiano che ci sta ospitando!) e, guarda caso, stando a quanto emerso da un successivo studio effettuato dalla OREGON HEALT AND SCIENCE UNIVERSITY, (commissionatogli dalla AMERICAN ASSOCIATION FOR THE STUDY OF LIVER DISCASE SOCIETY OF AMERICA), si è scoperto che ben 18 dei 27 membri della commissione che ha redatto le linee guida per l’utilizzo del medicinale, hanno una relazione finanziaria con la GILEAD (produttrice del Sofosbuvir). Cos’altro si può aggiungere? Ancora una volta siamo in presenza di una enorme speculazione fatta sulla pelle di chi soffre! Ma veniamo al tema specifico del convegno. Leggo: SONO IPOTIZZABILI NUOVE STRATEGIE UTILIZZANDO UN DIFFERENTE MODELLO ASSISTENZIALE? Bene, a questo punto, nel condividere completamente alcune tesi già egregiamente esposte sulla necessità di individuare misure di equità per l’accesso alle cure puntando sul registro unico nazionale, sintetizzando al massimo, potrei concludere il mio intervento scambiando quel punto interrogativo che è posto alla fine del quesito in discussione con un bel punto esclamativo… Si! A nostro avviso può e deve essere utilizzato un differente modello assistenziale. Vedete, noi trapiantati siamo perfettamente consapevoli di aver usufruito delle migliori risorse del SSN, e di questo saremo eternamente grati; ma nello stesso tempo ci chiediamo: se da un lato al cittadino va garantito l’accesso al luogo di cura, anche se lontano, magari perché semplicemente lo preferisca, oppure perché vi sia costretto per inadeguatezze locali, da un altro lato, una cosa è andare da Napoli a Torino per fare un complesso atto di trapianto, ben altra cosa è l’essere costretti ad andare una volta al mese da Napoli a Torino per una terapia molto semplice che gli specialisti locali possono tranquillamente gestire. Questo è ciò a cui stiamo assistendo per moltissimi trapiantati della Campania e del Sud Italia. Questo è ciò che continueremo a vedere in ambito trapiantologico e che corriamo il rischio sia frequente anche nella popolazione generale di epatitici “C”. E non si capisce ancora bene se una “prescrizione” di cura proveniente da un’altra Regione “eroderà” il già limitato numero di terapie per ora autorizzato ad ogni centro prescrittore! Ebbene, Professor Mennini, sono veramente onorato di aver potuto conoscere una personalità dell’economia di così alto valore, peraltro molto vicina al Ministro, quale lei è; ma ascoltando attentamente il suo intervento, non posso fare a meno di dirle che siamo anche molto preoccupati… perché apprendiamo che ad oltre due mesi dalla registrazione del farmaco, è lo stesso ministero a lanciare l’allarme: sono molto pochi i pazienti trattati in tutta Italia, e vi sono regioni che non hanno individuato ancora i centri dove è possibile farsi curare; si apre un tavolo permanente con alcune associazioni; si assiste continuamente al pronunciamento di “buone intenzioni” da parte del Ministro… Insomma, un gran lavorio… Ma tutti riteniamo che sia solo fumo negli occhi, dal momento che i 500 milioni straordinari previsti per il 2015 dalla legge di stabilità non sono ancora stati erogati, e i governatori dovrebbero anticipare soldi che non hanno. Il vero problema è che, comunque la si voglia raccontare, limitazioni ed equità non vanno assolutamente d’accordo!
Altro motivo di iniquità a nostro avviso è rappresentato dal limitato numero dei Centri Prescrittori: costoro avranno un quantitativo di richieste elevatissimo e non affrontabile con le esigue risorse rimaste in campo per il blocco del turn over! Senza contare poi, l’eccessiva burocrazia posta in essere dalle regioni che, nei fatti, finisce col raddoppiare la procedura AIFA.
Altro aspetto che assolutamente non ci vede d’accordo è il seguente: non è concepibile creare delle differenzazioni tra ammalati bisognosi di cure, distinguendoli fra quelli “gravi” e quelli “meno gravi”, così come sostenuto molto salomonicamente. Quale sarebbe l’obiettivo, poi? Quello di fare diventare gravi coloro che prima erano meno gravi e poi curarli? PAZZESCO!
Il diritto alla salute è un diritto fondamentale costituzionalmente garantito! (Art. 32) E se per fare rispettare questo sacrosanto diritto, è necessario modificare il Titolo 5° della Costituzione, bene! Allora si proceda a farlo al più presto! E visto che ci troviamo nel “tempio dei rappresentanti del popolo”, è anche di questo che si deve occupare la politica. O no? A tale proposito voglio molto chiaramente qui dire che se non dovesse esserci una schiarita in tempi brevi, l’AITF valuterà la possibilità di impegnare le proprie delegazioni sul territorio a raccogliere le adesioni per una Class Action determinata a chiedere ai Tribunali della Repubblica un provvedimento che obblighi ministero della Salute e Gilead ad erogare immediatamente il farmaco. Con tutti i problemi consequenziali che ciò comporterebbe! Ma, come si suol dire: “a mali estremi, estremi rimedi!”.
Concludo dicendo che, proposte come quella che oggi proviene dagli Inffettivologi/epatologi ospedalieri, così ben esposta dal Dott. Messina, sono pienamente condivisibili ed auspicabili dalla Associazione che rappresento.
Vi ringrazio per la cortese attenzione.